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Schegge il cielo
fisso oltre i rami
alti, un po’ secchi
dei pini malati
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E vado
arrangio romanzi, brutti
e li straccio
sui viottoli sbagliati
tra truppe di cespugli
la mota, gli aghi, le rocce
i gusci più remoti
e le frane ritte, sbriciolate
al gusto finescuola
del terriccio
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Tutto si apre
nell’incubo di cicale
in cima dove s’arriva al mare
sotto una tonnellata di sole
c’è un cinghiale grosso, nobile
squartato
al centro dello spiazzo
e attorno gli ronzano
bavosi paparazzi
tutte le mosche del mondo
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