Farro soffiato all’Eurospin

ri111111

Il farro soffiato, con cui negli ultimi tempi faccio tassativamente colazione, è meglio all’Eurospin o alla Pam? Perché dovrei andare alla Pam se quello dell’Eurospin senza miele mi piace di più ed è meno calorico e pure più a buon mercato? Se devo scendere giù a San Miniato Basso, e a quanto pare devo, nel caso in cui voglia davvero comprare dell’altro farro soffiato per le mie colazioni sane e leggere, mi chiedo, posso farlo in tuta o devo per forza mettermi un laborioso paio di jeans? Voglio davvero abbottonarmi dei jeans? Sentire quel gelo tremendo sulla pelle? Chi una volta sostenne che non si dovrebbe mai uscire con la tuta? Che è fuori luogo, inopportuno? Che chi si fa vedere in giro con la tuta – a meno che ovviamente non stia praticando uno sport – dovrebbe provare una qualche vergogna? Parlò letteralmente di vergogna o sto un filo esagerando? Sono io che drammatizzo? Perché questo discorso, sentito di sfuggita a una cena alcolica anni addietro, continua a tormentare il mio quotidiano? E se me ne fregassi e propendessi per l’opzione-tuta e durante il tragitto per l’Eurospin (dunque vado lì?) la macchina si fermasse di colpo? Se succedesse l’indicibile? Se dovessi, che so, sostituire una gomma? Quanto pagai la tuta della Nike? Se la sporcassi e fossi costretto a buttarla via? Perché dovrei indossarla se sussiste un rischio del genere, pur minimo? E se, giusto per ipotesi, per pura speculazione, non possedessi invece alcuna tuta firmata? Se fosse solo una mia fantasia, io e una tuta della Nike in accogliente cotone, sfoggiarla in giro (sempre che sia qualcosa da sfoggiare), poterla teoricamente indossare in due balletti per andare a fare la spesa dove mi pare e piace? Se solo mi dilettassi con l’idea allo scopo di poter infine contraddire – in maniera assai sottile – la persona-spara-sentenze di quella cena lontana? Ma il fatto di indossare non una tuta qualsiasi ma una tuta prestigiosa, di marca, non starebbe a indicare che la sto contraddicendo solo a metà? Che incarno una sottospecie di vigliacco? Perché sono ossessionato dalle macchine che si fermano e dalla sporcizia che ne deriva? Perché rimettere in sesto la macchina in avaria a bordo strada per quanto mi riguarda significa dover necessariamente rovinare la tuta della Nike? Non esistono alternative? Non posso usare uno straccio e stare attento? Sono folle se sostengo che la tizia della cena potrebbe aver avuto – indirettamente – un po’ di ragione? Aveva forse doti da sensitiva e prefigurava che potessero insorgere problemi di siffatta natura durante i tragitti? Magari era a conoscenza del fatto che controllo pochissimo le gomme dell’auto e che non le cambio quanto dovrei? Che prendo in pieno tutte le buche del mondo? Dovrei sentirmi in colpa per essere così negligente nei confronti del mio unico mezzo di trasporto? Ha senso ciò che sto supponendo riguardo le doti da sensitiva della tizia? Il discorso a cena non verteva su questioni di pubblico pudore, tralasciando integralmente quelle relative al valore economico del vestiario? O forse intendeva che bisogna vergognarsi di fare la spesa con la tuta sporca? Se così fosse, a voler essere puntigliosi, lo stesso ragionamento non potrebbe valere per i jeans o per ogni altro capo costoso? Non potrei sporcare qualsiasi cosa, nell’aggiustare una macchina? Sto davvero per indossare una tuta, nonostante tutto? Era una donna che me lo disse? Oppure un uomo attentissimo a dettagli del genere? Conosco sul serio uomini attentissimi a cosa indossano gli altri uomini? E se, invece, non avessi mai sentito nessuno sostenere quel discorso? Se fosse un falso? Se mi piacesse immaginare che qualcuno in passato abbia espresso un parere negativo sulla mia recente e cocciuta volontà di tuta, ammesso che sia cocciuta, solo per il gusto di autosabotarmi? Se la psicoanalisi avesse almeno un minimo di senso? Se entrassi all’Eurospin correndo, la butto lì, starei facendo dello sport e la tuta sarebbe giustificata? Se mi aggirassi tra le corsie mezzo sudato prendendo al volo pane e pasta e farro soffiato la tuta sarebbe giustificata? Anche se sporca? E se, vedendomi in tuta, la cassiera interessante dell’Eurospin – accenno di occhiaie, mai un sorriso – mi giudicasse sciatto, un uomo disgustosamente sciatto? Se vedere un uomo disgustosamente sciatto le rovinasse in qualche misura la giornata? Se tale visione contribuisse a farla rincasare di cattivo umore e quella sera, di conseguenza, litigasse col fidanzato? Per me sarebbe un vantaggio oppure no? Sarà eterosessuale, lei? Avrà un fidanzato? Dando per scontato che ce l’abbia, cosa dovrei pensare se nel giro di un mese finisse per lasciarlo anche a causa di quella litigata? Quanto sarebbe curioso se detestasse non tutte le tute ma solamente quelle firmate Nike? Se avesse frequentato in passato persone con tute della Nike che l’hanno ferita e da allora non potesse più sopportarle? Ma esiste una cassiera munita di occhiaie all’Eurospin, ora che ci penso? Che l’abbia notata alla Pam? Oppure alla Coop? Qual è il motivo per cui i supermercati a San Miniato Basso sono tutti così vicini tra loro? Vogliono che li confondiamo? A che scopo? E se invece non fosse una cassiera ma un cassiere e io fossi omosessuale e non volessi accettarlo? Se stessi raccontando tutto ciò per celare la mia omosessualità? Ed è vero che un collega della cassiera (mettiamo) dell’Eurospin mi ha rivelato il suo (di lei) nome e mi ha dato il suo (di lei) numero oppure in questo preciso momento me lo sto inventando per autoconvincermi di avere (con lei) una minima possibilità? Ha senso quel che ho appena scritto? Che poi, anche avessi il numero, e ne dubito, visto che non conosco nessun impiegato all’Eurospin (né alla Pam o alla Coop), troverei il coraggio di chiamarla? E se – azzardo – fossi indeciso tra Pam e Eurospin non tanto perché nella prima vendono farro soffiato migliore (falso) ma perché la cassiera su cui vorrei far colpo – presentandomi senza tuta – lavora in effetti alla Pam? Mi meriterei di uscire con la cassiera dell’Eurospin, o della Pam, insomma, con quella cassiera? Sarebbe un tipo giusto per me? Cosa penserebbe di un cliente, magari privo di tuta, che però appoggia sul nastro trasportatore tre o quattro tristi sacchetti di farro soffiato per volta? Ci sarà stato qualcuno nelle sue cene passate che ha espresso un’opinione forte e negativa a proposito degli uomini che comprano il farro soffiato? E se invece, perversamente, adesso volessi andare all’Eurospin (o alla Pam) in tuta proprio per fare brutta impressione sulla cassiera con le occhiaie (vista da lontano) troncando sul nascere ogni mia velleità e speranza? Così facendo non continuerei a supportare a distanza di anni e anni i convincimenti di quella tizia – al 70% donna, sì – della cena alcolica? Che tipo di speranza stavo coltivando, in fin dei conti? È giusto coltivare una speranza? Non si coltivano le piante, solo le piante? Perché è tutto segno? Sotto quante tonnellate di linguaggio si nasconde la realtà? Inoltre, siamo sinceri, mi piace davvero così tanto il farro soffiato? Sicuro che sia così leggero e salutare? Non dovevo parlare esclusivamente di farro soffiato e di come scricchiola nel latte caldo nelle mattine tiepide di primavera, se ho premesso che mi piace? Come mi sono infilato nel discorso sulle tute? Perché mi sono inventato il personaggio della cassiera? Me lo sono inventato? E se un giorno l’ex fidanzato di questa cassiera liminale mi incontrasse e fosse gentile con me, che so, alle poste, in un bar, in fila all’Eurospin, ignorando di esser diventato single e di aver sofferto come un cane anche per colpa mia? Come dovrei sentirmi? Non è assurdo, visto che io non avrò mai modo di conoscerne l’identità e che la cassiera potrebbe non esistere e lui uguale? E la sofferenza – i cani soffrono più di noi? – sarebbe giustificata oppure no, dal momento che sarebbe stato mollato da una tipa (inesistente?) rincasata una sera dal lavoro di pessimo umore solo per aver notato un cliente in tuta? Non dovrebbe al contrario sentirsi sollevato, lui, per il fatto di non frequentare più una simile cretina? Non dovrebbe stringermi la mano, pagarmi da bere, comprarmi una bella tuta della Nike, nel caso remoto in cui mi incontrasse? E non è un’assurdità anche questa, se lui – ammesso esista – in realtà non mi conosce e io non mi sono ancora presentato in tuta sul posto di lavoro della sua fidanzata immaginaria e se dunque non posso aver dato alcun concreto contributo alla loro separazione? Perché vorrei fare colpo o non vorrei fare colpo su una che – ammesso esista – potrebbe dimostrarsi tanto cretina? Ne ho bisogno, mi chiedo? Ho bisogno di comprare farro soffiato proprio adesso? Di quello senza miele? Perché sto per uscire e nell’armadio non trovo la tuta della Nike? Perché rovisto dappertutto e non la trovo? Se, come dovrei aver accennato sopra, non solo non possedessi una tuta della Nike ma proprio alcun tipo di tuta? Cosa significherebbe? Se non facessi sport da quando mi sono rotto il legamento crociato sciando (anche se non ho mai sciato in vita mia) e le avessi buttate tutte anni addietro? Se fossi un’altra persona, una di quelle frettolose che non fanno mai colazione? Non è vergognoso che una persona non faccia mai colazione? E se adesso, che assurdità, mi trovassi alla cassa dell’Eurospin con addosso i miei soliti freddissimi ma adeguati jeans? Se appoggiassi sul nastro trasportatore del farro soffiato – che credo di odiare – solo per permettere alla cassiera con le occhiaie di poter sfidare quell’opinione forte su uomini e farro che in teoria avrebbe sentito tanto tempo prima? Se puntassi a farla ricredere, a farle pensare Madonna che sciocchezza? Se usassi il farro soffiato per modificarle di poco poco il cervello? E se sorridesse, proprio ora? Se fosse qui davanti a me e avesse capito tutto e infine sorridesse?

Un pensiero riguardo “Farro soffiato all’Eurospin

Lascia un commento